Per la Cassazione il conduttore può sospendere il pagamento del canone in caso di indisponibilità dei locali

Per la Cassazione il conduttore può sospendere il pagamento del canone in caso di indisponibilità dei locali
11 Aprile 2018: Per la Cassazione il conduttore può sospendere il pagamento del canone in caso di indisponibilità dei locali 11 Aprile 2018

IL FATTO. Tizio aveva convenuto avanti il Tribunale di Matera la società Alfa, con la quale aveva stipulato un contratto di locazione, chiedendone la risoluzione “per inadempimento del conduttore consistente nel mancato pagamento di canoni”.

Tuttavia, non si era trattato di una “normale” morosità.

Infatti, “il contratto era stato stipulato in data 16 maggio 2011 con riguardo ad un immobile sito in (...) e destinato ad attività socio-sanitaria per la quale necessitava l’acquisizione di un nullaosta sanitario; il locale non era ancora in uso quando, a seguito di un incendio sviluppatosi nel box sottostante nell’agosto 2011, ne risultò danneggiato il solaio divisorio tra i due locali con distacco di vaste parti di intonaco, la caduta di alcune pignatte, il danneggiamento dell’impianto elettrico e di altri impianti dei due locali. Questi furono dichiarati inagibili, dapprima con fonogramma del Comando dei Vigili del Fuoco del 20/8/2011 in base al quale i due locali interessati dall’incendio erano da considerare inagibili in attesa dei lavori di ristrutturazione e di ripristino dell’impianto elettrico e, successivamente, con ordinanza cautelare del 4/10/2011 del Dirigente del Settore Tecnico del Comune di Policoro, con la quale si dava atto della necessità di lavori di ristrutturazione e di ripristino dell’impianto elettrico, della verifica delle tubature del gas e del controllo dell’idoneità statica, sospendendosi pertanto l’agibilità. L’ordinanza prevedeva che il proprietario facesse pervenire una comunicazione di inizio lavori controfirmata dall’impresa esecutrice o, in alternativa, una dichiarazione di conformità di altra ditta che attestasse che gli impianti e le strutture non avessero subito danni”.

Pertanto, la società conduttrice aveva cessato di pagare i canoni “nel settembre 2011 in conseguenza del venire meno della disponibilità dei locali e dunque in attesa che il locatore adempisse al proprio obbligo di mantenere il bene in condizioni di essere utilizzato per lo scopo dedotto nel contratto. In data 12/10/2011 fu presentato un certificato di collaudo statico redatto da un professionista privato incaricato dai proprietari del locale interessato dall’incendio e dal proprietario locatore del locale sovrastante, P.E. , in cui si dava atto dei risultati di una verifica statica ed impiantistica del locale interrato confermando l’assenza di danni nelle fondazioni ma, a quanto risulta dalla sentenza, non fu revocata l’ordinanza di sospensione dell’agibilità”.

Nonostante la peculiarità della vicenda sottoposta al suo esame, il Tribunale di Matera aveva dichiarato risolto il contratto di locazione “per inadempimento della conduttrice”, altresì condannandola al pagamento dei canoni insoluti.

Tale pronuncia era stata confermata dalla Corte d’Appello di Potenza, in base “alla giurisprudenza … relativa all’inadempimento del conduttore al fondamentale obbligo di pagamento dei canoni, come se le cause che rendevano l’immobile sostanzialmente inservibile e comunque non idoneo all’uso pattuito in contratto non avessero alcuna rilevanza causale sul sinallagma contrattuale e quindi sull’obbligo del pagamento del canone”. La conduttrice aveva, pertanto, proposto ricorso per cassazione, sulla base di cinque motivi.

In particolare, con il primo motivo aveva censurato la sentenza laddove aveva omesso di valutare l’“importanza dell’inadempimento di una parte del contratto con riguardo alla tutela ed alla salvaguardia degli interessi dell’altra”, ossia il “rapporto indefettibilmente proporzionale tra la prestazione e la controprestazione dedotte in contratto.

Con il secondo motivo, la conduttrice aveva rilevato come la sentenza avesse ritenuto che “la causa di inagibilità fosse stata rimossa, laddove l’ordinanza di sospensione dell’agibilità non fu mai revocata né il Comune provvide a rilasciare un nuovo certificato di agibilità” e che “l’attività commerciale potesse continuare, mentre nella perizia si dichiarava testualmente che l’attività commerciale non era ancora iniziata quando l’incendio rese inagibili i locali”.

Con il terzo motivo di ricorso, aveva, poi, censurato la sentenza “per non aver ritenuto legittima la sospensione, anche totale, del pagamento del canone in presenza della violazione, da parte del locatore, del proprio obbligo di garantire il mantenimento della cosa in stato da servire all’uso convenuto”.

LA DECISIONE. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7766/2018, ha trattato congiuntamente i motivi anzidetti, accogliendoli.

E ciò anzitutto in considerazione del fatto che “la motivazione della sentenza impugnata sul punto relativo alla continuità dell’uso è certamente di stile e quindi inesistente: a prescindere dalla circostanza che, nella perizia privata del 12 ottobre 2011, si dava atto che l’attività ‘non era in uso’ e non lo era neppure alla data del 20 agosto 2011 …, l’affermazione in base alla quale la destinazione del bene locato ‘non era stata interrotta’ non può che essere considerata meramente apodittica”.

Inoltre, la Corte di Cassazione ha ritenuto che la sentenza impugnata non avesse “in alcun modo considerato le ragioni della sospensione del pagamento del canone in relazione ad un non uso, almeno in parte, dei locali locati ovvero conforme a quello convenuto tra le parti” ed avesse, quindi, omesso di “valutare il rapporto di interdipendenza tra la prestazione e la controprestazione dedotte in contratto, e se detto rapporto [era] venuto in parte o del tutto meno in conseguenza dell’inagibilità dei locali avuto riguardo anche alla data di riconsegna di essi e secondo i criteri di lealtà e buona fede (ex multiis Cass., 13887/2011)”.

   

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